dimanche 23 novembre 2014

Shinya Sakurai, la ri/costruzione solare




Shinya Sakurai, giovane artista giapponese in Italia (1981) nato ad Hiroshima e laureatosi all'Accademia di Osaka, si sta facendo spazio nella scena europea del contemporaneo. L'artista ci recapita un immediato messaggio di pace ed ottimismo che riguarda il passato del suo paese ed ora anche il futuro prossimo. E così il suo è un sol levante che ci leva e ci eleva dalle oscurità (“kuroi ame” si chiamava la pioggia nera atomica) della storia e degli incombenti disastri naturali. L'opera di Sakurai ha fatto subito pensare alla pop art, cosa che l'autore non disdegna ma neanche riconosce. Interessato al gruppo Gutai e all'arte povera in Italia, l'artista non rivendica legami o paternità e sviluppa una tecnica propria che unisce la antica tintura della tela “shibori” a colature cromatiche e soluzioni viniliche. Il colore risulta lucida estensione e sospensione in bolle trasparenti, in caramelle offerte alle papille dell'occhio. Ritrovare assonanze con la celebre Kusama può essere piacevole ma non determinante per la comprensione. L'applicazione di cuoricini che contraddistingue fortemente l'opera di Sakurai fino al 2010 è una impavida espressione d'amore universale che è simile, nel suo disarmante trasporto, agli emoticon che animano le chat o commentano una foto su Facebook. I quadri rispondono ad uno slancio vitale tutto personale ed identitario e ad un tratto etico che li rende insoliti e superiori alle usurate e usuraie derive nichilistiche contemporanee. Essere contemporanei per l'autore non è solo questione formale ma anche di interpretazione diretta dei mali del proprio tempo. L'arte di Sakurai affronta senza paura le onde anomale dell'esistenza per accendere un vitalismo che ci fa dimenticare gli scenari post-umani e gli eventuali compiacimenti estetici. “L'arte è per me qualcosa di potente” mi rivela l'artista in estrema sintesi nel corso di un viaggio in auto. Assistere ad una sua mostra significa entrare in quella solare ri/costruzione di cui l'arte dovrebbe essere veicolo.


Max Ponte
30 marzo 2011

Testo per pieghevole mostra presso Tinber Art Gallery (Pragelato / Torino)

Aucun commentaire:

Enregistrer un commentaire